In occasione della Settimana Mondiale della Sicurezza Stradale, indetta dall'ONU dal 4 al 10 maggio 2015, riportiamo di seguito una riflessione del Comandante della Polizia Locale dell'Unione dei Comuni Padova Nord Ovest, Girolamo Simonato:
"Da anni stiamo parlando ed organizzando eventi, convention e protocolli sulla sicurezza stradale, perché la realtà ci urla quotidianamente che essere utente della strada è diventato veramente pericoloso.

In questa settimana mondiale della Sicurezza Stradale si vuol trasmettere alcuni input che nel loro complesso servono al fine di debellare le scie di “sangue” che, malgrado questi sforzi, tingono le nostre strade.

La strada, che negli albori della storia ittita e sumera era nata come soluzione per spostamenti sicuri e che i Romani avevano normato, avendone riconosciuto svariate criticità tuttora condivisibili, oggi è diventata fonte di serie preoccupazioni per tutti i suoi utilizzatori, perché progressivamente è venuto a mancare in ciascuno di noi la consapevolezza del significato delle regole, o peggio, il senso di appartenenza ad una società dove non tutti vanno alla stessa velocità, dove a rombanti motori si contrappone il passo lento di un anziano o il pedalare incerto di un bambino.

Tutte le categorie di persone hanno pari diritto nell’utilizzare gli spazi comuni ma nel rispetto delle regole, ripeto, create per risolvere un problema o un criticità, e la loro efficacia dipende proprio da quanto saranno condivise nella società.

Grazie alla passione e al volontariato, in questi anni di confronto con i ragazzi delle scuole negli interventi di educazione stradale che ho fatto, mi sono convinto che solo l’educazione nella sua accezione latina di condurre al di là della non conoscenza, ci dà la possibilità di invertire questa tendenza negativa dove si collezionano numeri incredibili su incidenti, feriti, danni.

Alle parole, agli spot ad effetto, ora devono seguire senza più scuse l’impegno dapprima dei genitori: i bambini vivono di imitazione, se sono un persona che allaccia correttamente e sempre la cintura di sicurezza in auto ho tante possibilità che mio figlio lo faccia istintivamente, in alternativa dovrò adottare strategie a cui il mio piccolo è sensibile per educarlo all’utilizzo del seggiolino o delle cinture, esattamente come mi preoccupo ad esempio di alimentarlo correttamente.

La scuola poi ha una parte considerevole nel creare questa coscienza di appartenere ad una società che vive di regole per essere sicura.  Nonostante il diffuso giudizio sulla scuola non sia esattamente ottimo, devo difendere l’operato di eccezionali insegnanti che si dannano per creare progetti di educazione stradale e che arrivano a ricercare operatori delle varie forze dell’ordine per interventi e incontri frontali con i ragazzi.

Ed ora è il momento di parlare anche degli operatori delle Forze di Polizia. Anche noi dobbiamo fare autocritica: educare forse non è proprio il nostro ruolo ma dobbiamo sicuramente ripassare quanto citato nell’art. 230 del Codice della Strada e farlo proprio  “allo scopo di promuovere la formazione dei giovani in materia di comportamento stradale e di sicurezza del traffico e della circolazione, nonché per promuovere ed incentivare l’uso della bicicletta come mezzo di trasporto“ e “ con particolare riferimento all’informazione sui rischi conseguenti all’assunzione di sostanze psicotrope, stupefacenti e di bevande alcoliche “.

È giunto il momento di rimboccarsi le maniche e cominciare ad incontrare i ragazzi nelle classi e per strada, non solo in incontri teorici frontali ma soprattutto confrontandoci con i ragazzi sul modo di attraversare la strada, di correre o di utilizzare il velocipede. Nella nostra società nessuno ha più tempo per le cose semplici, pratiche che ci fanno vivere nella realtà di strada trafficate e periferie non esattamente accattivanti, non c’è più tempo per emozioni vere determinate magari dal mio primo giro sulla pista ciclabile davanti ai miei compagni e al “vigile”, quando il mio procedere incerto mi farà arrossire di vergogna.

Se quella emozione lascerà traccia nella mia coscienza, se un ginocchio sbucciato lascerà  una “cicatrice emozionale”, forse avrò in minima parte contribuito a creare un cittadino ed un utente della strada migliore di quanto non lo sia io, e tutto questo per me vuol dire un futuro migliore intriso di maggior sicurezza, perché ci saremo riappropriati di un’educazione civica e della legalità. 

L’educazione stradale non è un obbligo istituzionale ma morale, questi interventi non risolvono il problema ma concorrono alla diminuzione degli incidenti stradali.

Ricordiamoci: per un attimo di vita, non dobbiamo buttare la nostra vita".