La Città di Piazzola sul Brenta ricorda il suo concittadino Luigi Testolina.

"Luigi Testolina nasce il 24/08/1922 da Giacomo Isaia e Zambon Angela, quinto di sette fratelli e sorelle (Giacomo  e Angela ebbero in tutto dieci figli ma tre morirono in tenerissima età).

I Testolina, originari di Polverara, si trasferirono a Piazzola sul Brenta agli inizi del ‘900 per ragioni di lavoro: erano contadini, probabilmente fittavoli dell’Amministrazione Camerini, che dovevano saper lavorare bene la terra e saper condurre una piccola azienda agricola.

La giovinezza di Luigi è quella ordinaria, comune a tanti giovani di allora: le scuole dell’obbligo fino a 8-10 anni, alle quali seguiva il lavoro in fabbrica e nei campi. Lavoro duro a cui ci si doveva abituare fin da adolescenti. E poi la militanza (obbligatoria) nelle organizzazioni del regime, alle quali non c’era alternativa (balilla, avanguardista, giovane fascista), se non appunto nel duro lavoro quotidiano.

Questa almeno la sua esistenza fino allo scoppio della II Guerra Mondiale, quando la vita cambierà radicalmente per tutto il popolo italiano. Troppo giovane allo scoppio del conflitto per esserne subito coinvolto, Luigi lo sarà più tardi, quando verrà anche il suo momento: superata la visita di leva nel giugno 1941, sarà chiamato alle armi a gennaio del 1942. Assegnato al corpo degli alpini, dopo un brevissimo periodo di addestramento, conosce anche la destinazione del proprio reparto: fronte greco-albanese e jugoslavo, regione da poco conquistata dopo una schiacciante offensiva delle forze dell’Asse. Al Regio Esercito toccò il compito del controllo di quel territorio in cui stava invece prendendo forma, sotto la guida del comandante Tito, quel movimento di resistenza che nel tempo si sarebbe rivelato il più organizzato e il più forte d’Europa.

Non si trovava male al corpo, Luigi, anzi, con la sua capacità e le sue competenze, fu assegnato al reparto carriaggi e quindi addetto al parco quadrupedi, dove ben presto si fece benvolere dal comandante, che gli affidò la tenuta del proprio cavallo da parata: uno splendido esemplare di purosangue femmina!

E mantenne il suo posto anche dopo la morte del comandante avvenuta dopo uno scontro a fuoco nel corso di un’azione antipartigiana.

Come le sorti dell’Italia anche il destino di Luigi mutò drasticamente dopo l’armistizio dell’8 settembre del 1943. Disciolto il reparto e sbandato egli stesso, fu ben presto catturato dai tedeschi e poco dopo inviato in campo di internamento in Germania.

Dopo un viaggio di parecchi giorni stipato all’interno di un carro bestiame, per lui si aprirono le porte del Stammalager n. 398, situato a Pupping nei pressi di Linz, nell’Alta Austria, quasi ai confini con la Germania. Posto di fronte al dilemma se aderire alle forze armate della nascente Repubblica Sociale Italiana o l’internamento, al pari di centinaia di migliaia di altri connazionali senza esitare preferì la prigionia. Internato, non più uomo, ebbe anche il suo triste numero di matricola: 8081 (achttausend einundachzig - in tedesco suona così - e dovette impararlo e ricordarlo a memoria).

Non parlava volentieri, Luigi Testolina, dei venti mesi di prigionia: se gli chiedevi qualcosa di preciso, di circostanziato, balbettava qualche parola come patimento, fame, solitudine, freddo; di compagni che morivano, e allora capitava che qualche lacrima furtiva affiorava a velare gli occhi, cambiava il discorso con poche semplici parole “bon va là a xe passà. Adesso stemo ben. Parlemo de adesso” (“È una storia passata. Adesso si sta bene. Parliamo di adesso”). E capivi che non aveva voglia e non voleva più parlare di quei tempi disperati.

Finita la guerra e ritornato a casa con gli americani, Luigi tornò alla vita civile in famiglia. La voglia di ricominciare a vivere era tanta, ma era anche molto debole, per cui ci impiegò non poco per rimettersi in forma.

Appena rimesso, tuttavia, non esitò a riprendersi la sua vita: nel 1949 sposò Erina Zita Boaretto dalla quale ebbe tre figli, Ada (1950), Ennio (1954) e Gianni (1961), senza tuttavia dimenticare l’impegno, sia civile che sociale, ai quali partecipò sempre attivamente.

Seppure sempre presente e pronto ad offrire la propria mano, il proprio contributo, non volle mai assumere incarichi di rilievo per i quali dichiarava di non essere affatto portato; e lo faceva così, per una sorta di ritrosia e di timidezza naturale, che gli facevano senz’altro preferire i posti “dietro“, quelli defilati o poco visibili.

Fu attivo nell’Azione Cattolica. Fu tra i primi membri, se non addirittura tra i fondatori, dell’AVIS Comunale di Piazzola sul Brenta. Ma fu nel mantenimento del ricordo dei compagni caduti e dei patimenti sofferti che il suo impegno si indirizzò maggiormente: era fra gli animatori del Gruppo Piazzolese dell’Associazione Nazionale Combattenti e Reduci, del quale solo in ultima ne accettò la Presidenza Onoraria. Ma specialmente fu sempre preziosissimo collaboratore e poi continuatore dell’opera dell’indimenticato Vittorio Senzolo nel fondare e nel sostenere la Sezione ANEI di Piazzola sul Brenta – l’Associazione Nazionale Ex Internati. Associazione alla quale fu sempre maggiormente legato e per la quale non mancava mai di portare la sua testimonianza ove richiesto: associazioni, manifestazioni pubbliche e scuole, dove sapeva con la sua semplicità e la sua immediatezza (di nonno) far colpo sui ragazzi e sui giovani nel raccontare i tormenti e le sofferenze che aveva vissuto.

Mi piace infine chiudere con un ricordo personale, allorquando una sera di un paio d’anni fa, ad una rappresentazione teatrale dell’opera di Primo Levi “Se questo è un uomo”, senza avvisare nessuno, a sorpresa volle assistervi, e divenne l’ospite della serata. Fatto accomodare in posizione di riguardo in prima fila, assistette alla rappresentazione dalla prima all’ultima battuta, senza mai un calo di attenzione. Alla fine, chiamato poi sul palco per un saluto, commosso, lui che aveva vissuto in parte quei momenti, non seppe dire altro che “a xe tutto vero, a jera proprio cussì” (“È tutto vero, era proprio così”). Salutò il pubblico con un misurato gesto della mano e in fretta tornò a sedere.

Questo era Luigi Testolina: semplice e timido, come sempre. Ma quanta grandezza e quanta nobiltà d’animo nella sua semplicità e nella sua timidezza!"

(Note di I.C.)

Quando

  • 07/09/2016